"Scrivi qualcosa se vuoi, scrivi tutto quello che non gli hai potuto dire...scrivi, scrivi una lettera e poi dalla a me e gliela poserò accanto..."
Ho i piedi gelati, le coperte rigide degli ospedali non scaldano, pesano soltanto, come coperte di soldati al fronte. Li ascolto muoversi dentro di me come pesci rossi in una sfera di vetro scivolano sotto la mia pelle, guizzano poi si acquietano. Vedo solo bianco, una porta che sia apre e lei che entra luminosa come una dea e mi guarda forte. La anticipo, fermo le sue parole e mentre la guardo in quegli occhi che promettono fortune le dico che lo so già. Sei andato via.
Non ti ho scritto nulla. Ho preso un foglio e sono stata a guardarlo. Bianco, come me. E il colore non riusciva a sporcarlo. Bianco fermo.
E bianca volevo esserti. Bianca di luce e carezze. Sollevarti io come quella volta che mi prendesti in braccio prelevandomi da quel lettino per riportarmi a casa. Bianca come le divise candide delle infermiere chine a proteggermi con sorrisi e mani ferme.
Mai, dico mai, ti avevo sentito dire "non ce la faccio piu'" tu con quelle braccia forti, quei muscoli tesi sotto la pelle andavi sempre avanti, come dicevi sempre a noi di fare, camminavi a testa alta scivolando sugli aghi e sugli arnesi che ti frugavano.
Mi hai insegnato che si può essere forti e sollevare pesi, spostare pile di casse, saltare giu' dai camion, dare un pugno a un tale se proprio non c'è altro modo per difendersi, costruire una casa per dare un posto alla tua famiglia, lavorare, lavorare, lavorare. Mi hai insegnato sopratutto che "si può fare", fare con le proprie forze e con la tenacia e che l'invidia è un sentimento comodo, troppo comodo, per chi non ha voglia nè capacità per fare, per chi si aggrappa solo ai "se" ed ai "ma".
Ti penso avvolto in una nuvola di fumo e ne vorrei aspirare un pò anche adesso che non ci sei, chiudere gli occhi e sentire solo il tuo odore, fumo, sentirti scivolare nelle mie narici e trattenerti un pò prima che tu torni ad essere soltanto anima. Ti vedo. Seduto alla seggiola accanto alla finestra, lo sguardo assorto, il corpo teso, le tue spalle forti e fumo tra le tua dita, solo tu e la sigaretta e i tuoi pensieri sotto i piedi. Sei distante, sempre...irraggiungibile.
L'ultima volta che sono stata da te solo tre settimane fa avevi gli occhi incollati sulla mia pancia immensa, non riuscivi a dividerti da lei e io avrei voluto nasconderla un pò per averti per me, almeno una volta solo per me per sentire le tua mani ruvide asciugarmi le lacrime inarrestabili mentre volevo dirti tutto, non so quale tutto e di che tutto ma avrei voluto fermare il tempo e dirti e abbracciarmi a te e chiederti tutto del passato, di te, dei tuoi dolori che a volte ci voleva poco per vederli riaffiorare, per farti commuovere, anche se eri abilissimo a tornare rigido, quasi altero...un Principe della strada eri.
Non ti ho scritto nulla e non ti ho tenuto la mano mentre te ne andavi. Ero e sono qui incollata a questo letto, avvolta nel bianco. "Scrivi"...scrivo, si. Scrivo ma non mi viene niente, le parole fluttuano come queste vite che mi abitano dentro. Fluttuo insieme a loro, sono loro...la luce filtra attraverso le mie palpebre, ti penso elegante nel tuo abito scuro in mezzo a tutte le persone che ti vogliono bene, io lontana e piena di vita.
Ho i piedi gelati, le coperte rigide degli ospedali non scaldano, pesano soltanto, come coperte di soldati al fronte. Li ascolto muoversi dentro di me come pesci rossi in una sfera di vetro scivolano sotto la mia pelle, guizzano poi si acquietano. Vedo solo bianco, una porta che sia apre e lei che entra luminosa come una dea e mi guarda forte. La anticipo, fermo le sue parole e mentre la guardo in quegli occhi che promettono fortune le dico che lo so già. Sei andato via.
Non ti ho scritto nulla. Ho preso un foglio e sono stata a guardarlo. Bianco, come me. E il colore non riusciva a sporcarlo. Bianco fermo.
E bianca volevo esserti. Bianca di luce e carezze. Sollevarti io come quella volta che mi prendesti in braccio prelevandomi da quel lettino per riportarmi a casa. Bianca come le divise candide delle infermiere chine a proteggermi con sorrisi e mani ferme.
Mai, dico mai, ti avevo sentito dire "non ce la faccio piu'" tu con quelle braccia forti, quei muscoli tesi sotto la pelle andavi sempre avanti, come dicevi sempre a noi di fare, camminavi a testa alta scivolando sugli aghi e sugli arnesi che ti frugavano.
Mi hai insegnato che si può essere forti e sollevare pesi, spostare pile di casse, saltare giu' dai camion, dare un pugno a un tale se proprio non c'è altro modo per difendersi, costruire una casa per dare un posto alla tua famiglia, lavorare, lavorare, lavorare. Mi hai insegnato sopratutto che "si può fare", fare con le proprie forze e con la tenacia e che l'invidia è un sentimento comodo, troppo comodo, per chi non ha voglia nè capacità per fare, per chi si aggrappa solo ai "se" ed ai "ma".
Ti penso avvolto in una nuvola di fumo e ne vorrei aspirare un pò anche adesso che non ci sei, chiudere gli occhi e sentire solo il tuo odore, fumo, sentirti scivolare nelle mie narici e trattenerti un pò prima che tu torni ad essere soltanto anima. Ti vedo. Seduto alla seggiola accanto alla finestra, lo sguardo assorto, il corpo teso, le tue spalle forti e fumo tra le tua dita, solo tu e la sigaretta e i tuoi pensieri sotto i piedi. Sei distante, sempre...irraggiungibile.
L'ultima volta che sono stata da te solo tre settimane fa avevi gli occhi incollati sulla mia pancia immensa, non riuscivi a dividerti da lei e io avrei voluto nasconderla un pò per averti per me, almeno una volta solo per me per sentire le tua mani ruvide asciugarmi le lacrime inarrestabili mentre volevo dirti tutto, non so quale tutto e di che tutto ma avrei voluto fermare il tempo e dirti e abbracciarmi a te e chiederti tutto del passato, di te, dei tuoi dolori che a volte ci voleva poco per vederli riaffiorare, per farti commuovere, anche se eri abilissimo a tornare rigido, quasi altero...un Principe della strada eri.
Non ti ho scritto nulla e non ti ho tenuto la mano mentre te ne andavi. Ero e sono qui incollata a questo letto, avvolta nel bianco. "Scrivi"...scrivo, si. Scrivo ma non mi viene niente, le parole fluttuano come queste vite che mi abitano dentro. Fluttuo insieme a loro, sono loro...la luce filtra attraverso le mie palpebre, ti penso elegante nel tuo abito scuro in mezzo a tutte le persone che ti vogliono bene, io lontana e piena di vita.