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giovedì 24 dicembre 2009

Camera 103 - Auspici

E voglio un Natale leggero.
Di finestre spalancate su condomini e strade glassate,
di mani callose e forti e dita da intrecciare,
di occhi vestiti a festa, lunghe ciglia che smuovono l'aria che sa di cucina.
Leggero di piatti impilati, di bicchieri, tanti.
E di vino rosso.

Un Natale di telefono che trilla e voci messe nei cassetti con il cambio di stagione,
voci che ritrovi, aderenti alla pelle e in sintonia con l'anima,
e di porte che si aprono e sorrisi benvenuti.

Voglio un Natale rosso fuoco. Un Natale caldo, di legna buona che arde lieta.
Un Natale di cartastrappata e fiocchi sparsi sul pavimento, di biglietti e parole belle.
Sentite.
E voglio un Natale leggero.
Di voile dorato sulla tavola e stelle prese in prestito al cielo invernale.

Leggero di vetri appannati e bucce di arance che ballano nel fuoco del camino,
di pensieri spediti con le Poste Interplanetarie e giunti a destinazione senza ricevuta di ritorno,
di parole d'amore aperte con grazia, scollando piano il lembo della busta.

Un  Natale di sorprese assai attese e di batticuore,
di abbracci a piu' strati, di baci di sapone che schioccano sulle guance.
Leggero di asce sotterrate, di lame riposte in fondo al cassetto, di parole sottovuoto, sentimenti col codice a barre ed emozioni scadute.

E voglio un Natale leggero, come una canzone...



"Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno senza destinazione.
Leggero, nel vestito migliore, sulla testa un po' di sole ed in bocca una canzone"

lunedì 30 novembre 2009

Camera 102 - Neon e formalina

Entro o entri tu?
Entra tu..., avevi detto laconico. Così avevo percorso il corridoio in linoleum verde, ero passata davanti al checkpoint e, sfuggendo al controllo delle guardie, mi ero infilata tra le porte scorrevoli dalle quali stava uscendo un uomo.
Luci al neon, beep-beep, voci e qualche lamento soffuso.
Ora camminavo, anzi, cammino. Attraverso il corridoio infinito all'orizzonte cercando la cometa che indica l'"osservazione temporanea". Il suono dei miei tacchi rimbomba nel semi silenzio e prendo a camminare in punta di piedi, leggera, possibilmente invisibile.
Una grande porta, dentro due luci ai lati che fissano il soffitto, insieme a sei occhi appiccicati al soffitto. I due occhi di Anna tra loro, con la serranda abbassata. Lavori-in-corso pare ci sia scritto sopra.
Capo allora?!- una voce nella stanza accanto. -Stanotte siamo in buona compagnia cazzo!- potevi fare il salu-miere invece dell'infer-miere, vorrei dire io, cazzo!- il verde giovane apre uno sportello, prende una siringa e due ampolline di vetro -tac!- le apre e ne aspira il contenuto con l'ago -Sto rompicoglioni! Chiama De Cristoforis che deve controfirmare il registro della morfina!- il verde prossimo-alla-pensione guarda e commenta la sua partita in streaming mentre assente da se stesso prende il microfono e lancia un appello accorato -DeCristoforisinosservazionetemporanea!-.
Anna apre gli occhi e mi osserva estranea. Mi chino e le sorrido mentre le accarezzo la guancia -Signora Anna, sono qui, stia tranquilla.- Le racconto un pò dei cose dei suoi nipoti, del sole nient'affatto gelido di oggi e delle frittelle squisite che avevo fatto. Ha lo sguardo liquido, sembra una bambina di mille anni con una vita che gli si è versata dentro, nel cervello. Versato irrimediabilmente sul pavimento dell'anima e penetrato nelle fughe, tra i neuroni fino a rendere tutto un insieme scomposto.
Così come le parole che cerca di rimettere in fila -Ho sete, tanta sete...Le parole funzionano e mentre le porgo un bicchiere di plastica riempito di limpida acqua del rubinetto seguo il filo sano delle ultime parole- Anna le hanno dato qualcosa da mangiare?- tace, deve essere china sul pavimento a raccogliere le parole- Ho fatto la pasta, solo la pasta...ho sete...aah - si ranicchia come se le si accorciassero le ossa-
Sono stanca, in piedi da 14 ore. Lei è stanca, stesaccartocciata da 14 ore. Eppure vuole me accanto. Non suo figlio. Nè sua figlia. Una estranea che conosce da una ventina d'anni ed ora sta qui e le tiene la mano accarezzandola mentre la segue con lo sguardo quasi sorreggendola nella sua ricerca delle parole sperdute.
Chissà se ci saranno anche le parole che non capivo -Per me la famiglia sono i miei figli e i miei nipoti, il resto del mondo non esiste...i parenti ti invidiano e basta meglio tenerli lontani...io non voglio trattare nessuno perchè sto bene a casa mia e non ci penso proprio a sgobbare per invitare gente a casa...I miei nipoti, solo i miei nipoti...- Una vita dai sentimenti-minimal. Probabilmente in linea coi tempi d'oggi, con un certo modo di vivere di oggi.
Ma in contrasto totale con il mio modo di suonare la vita sentendone tutte le vibrazioni dentro, aperta al mondo.
Bagno un fazzoletto e le pulisco il sangue dalle labbra mentre mi avvicino a lei e in quell'odore di saliva, sangue e naftalina la bacio sullo zigomo, lievemente, per non farle male -Signora Anna esco così viene un pò qui suo figlio...torno presto, abbia ancora un pochino di pazienza"...mi alzo da lei cercando di lasciare piano il mio sorriso tra le sue palpebre socchiuse.

giovedì 26 novembre 2009

Camera 101 - Velluto rosso

Non aveva la piu' pallida idea del motivo che l'aveva portata in quel luogo.
Anzi, a pensarci bene il motivo le era ben chiaro.
O forse no.
Era una donna confusa. E poi anche le cose attorno avevano contorni confusi.
Avrebbe dovuto esserci un crocefisso lassu', esattamente sopra al letto. Invece la parete era ricoperta da una tappezzeria in sottile tela juta. Una parete nuda.

Il crocefisso aveva visto tutto. Ogni movimento, ogni scivolare tra dentro e fuori e aveva seguito i contorni di quei corpi giovani riflessi allo specchio del cassettone della nonna.
E li aveva guardati assai male (a che punto dell'ordine del giorno o dei Comandamenti avevano contravvenuto?!)
I cassetti, invece, sbalorditi da tali movimenti, erano restati mezzi aperti.
Loro non conoscevano nè Comandamenti nè OdG dunque osservavano, semplicemente osservavano.
Uno (l'ultimo in basso) eccitato dalle scena inconsueta sbavava letteralmente con due maniche di golf (rossonatale) appese alla bocca.

La cassettiera ha cambiato casa. Il crocifisso non c'è piu' e la confusione impera.

Cosa ci faccio qui?

"Sei venuta a rimettere a posto"

"Oh, senti ma che cosa devo mettere a posto e poi perchè Io? Ho da fare, molto altro da fare, ho sempre da fare: non ho tempo!"

"Scappi ancora, non sei cambiata...ti lasci sempre portare dalla corrente?!"
"
Fai presto a parlare tu! Arrivi bellofresco e sputi sentenze. Li conosco quelli come te, sai sempre cosa è Giusto e come-dove-cosa è doveroso fare. Io non ho tempo adesso"

"hai paura. Una fottutissima paura..."

"Vaffanculo. Hai sentito?! V A F F A N C U L O!"

"Paura di guardare come è la stanza adesso...Devi farlo. Si tratta di uno s-forzo. Devi!"

Vide la poltrona in velluto vermiglio ai piedi del letto, ci si sedette appoggiandosi all'alto schienale e restò lì, sospesa in un' aura di polvere e naftalina.

martedì 24 novembre 2009

Camera 100 - Lo Specchio

Si trovava lì davanti ad uno specchio che occupava tutta la parete.
Dal lato opposto un altro specchio. Il nero le donava e amplificava il suo aspetto perbene.
All'improvviso le sembrò una cosa naturale, le parole si sarebbero incontrate, nascoste da sguardi indiscreti ed il gioco di specchiriflessi avrebbe reso infinito il loro esprimersi, accompagnate da gesti e suoni.
Respirò a fondo l'odore di polvere e deodorante scadente e decise che l'avrebbe fatto.
Prese il rossetto e scrisse sullo specchio...

"Mrs Quentin Tarantella"

Fatto!
Iniziamo...